Perché le donne non riescono a fare carriera? Chiedete a una persona transgender

Avendo sperimentato l’ambiente lavorativo da entrambe le prospettive, hanno la chiave per comprenderne i pregiudizi.

Traduzione:  Silvia Selverio

Cinquant’anni dopo La mistica della femminilità e quarant’anni dopo il Titolo IX [una porzione degli Emendamenti degli Stati Uniti che vieta le discriminazioni basate sul sesso di nascita, NDT], il motivo per cui le donne sono indietro in ambito lavorativo solleva ancora dibattiti. Sebbene le donne abbiano accesso alle professioni in misura identica alla controparte maschile, fanno carriera più lentamente, e di rado arrivano a posizioni di prestigio. Sono rappresentate in numero minore nella dirigenza in molti campi, spaziando dalla scienza all’arte al business.

Alcuni suggeriscono che ci sia qualcosa di diverso nelle donne, che le donne siano in stallo a causa di scelte personali, di caratteristiche cognitive o emotive, sia innate sia apprese dalla società. Un’altra possibilità è che gli ostacoli alla carriera delle donne siano posti dall’ambiente stesso in cui vivono, che debbano affrontare barriere esclusivamente riservate al loro genere (1).

Ma mentre i pregiudizi possono essere dimostrati attraverso prove scientifiche, sono difficili da studiare nel mondo reale; allo stesso modo in cui è difficile isolare un unico effetto sulla salute umana di un unico agente inquinante, è quasi impossibile isolare il genere come una variabile nel mondo reale e stare a guardare in che modo influenzi le esperienze quotidiane di una persona.

Questo fino ad adesso. Le persone trans stanno offrendo un contributo del tutto nuovo per affrontare la discussione. Dal momento che adesso le persone trans si ritrovano a seguire la stessa carriera (e talvolta anche lo stesso lavoro) che avevano prima di cambiare sesso, hanno una qualifica unica per discutere delle differenze che uomini e donne sperimentano sul posto di lavoro. La loro esperienza è quella più vicina al metodo scientifico che possiamo avere: isolando e manipolando il genere come una variabile, e mantenendo costanti tutte le altre variabili (capacità, carriera, personalità, talento), questi individui rivelano con esattezza come il genere percepito dall’esterno abbia ripercussioni sulle interazioni quotidiane. Se davvero vogliamo comprendere le donne al lavoro, dobbiamo ascoltare con attenzione gli uomini e le donne trans: possono dirci più di chiunque altro quello che c’è da sapere sul genere in un luogo di lavoro.

Ben Barres è un biologo di Stanford che è vissuto come Barbara Barres finché non ha raggiunto la quarantina. Per la maggior parte della sua carriera ha dovuto fare i conti con dei pregiudizi, ma non ci ha dato peso, considerando quegli episodi come eventi di poco conto (quando ha risolto ad esempio un problema matematico complesso, il suo professore gli ha detto “Dovevi fartelo risolvere dal tuo fidanzato”). Quando è diventato Ben, tuttavia, ha immediatamente notato una differenza nella sua esperienza quotidiana: “Le persone che non sanno che io sia transgender mi trattano con molto più rispetto”, ha dichiarato. È stato ascoltato con più attenzione e la sua autorità è stata messa in discussione con minor frequenza. Ha smesso di venire interrotto durante i meeting. Ad una conferenza, un altro scienziato ha detto: “Ben ci ha dato un gran seminario oggi, e il suo lavoro è di gran lunga superiore a quello di sua sorella.” (Lo scienziato non sapeva che Ben e Barbara fossero la stessa persona). “È per questo che le donne non sfondano in lavori in accademie in misure considerevoli”, ha scritto in risposta alla famosissima gaffe di Larry Summers che implicitamente affermava che le donne fossero per natura meno abili nelle scienze complesse. “Niente cura dei figli. Niente responsabilità familiari”, ha detto. “Ho avuto questo pensiero un milione di volte: mi prendono più sul serio.”

Questa esperienza, come si è visto, è tipica degli uomini transessuali. Per il suo libro Just One Of The Guys? Transgender Men and the Persistence of Gender Inequality la sociologa Kristen Schilt ha intervistato dozzine di individui transgender FtM (Female to Male). Uno di essi ha notato che quando esprime un’opinione, adesso tutti in un meeting la mettono per iscritto. Un altro ha notato: “Quando ero una donna, non importa quante prove a sostegno avessi, la gente mi faceva qualcosa tipo ‘Sei sicura?’ È così strano ora non dover difendere la tua posizione.” Quando hanno suggerito delle donne per delle promozioni, gli altri uomini hanno detto “Oh! Non avevo pensato a lei”, ed erano in grado di promuovere delle donne solo perché i loro suggerimenti venivano presi con molta più serietà. I tratti della personalità che venivano visti sotto una luce negativa quando erano donne adesso venivano visti sotto una luce positiva. “Di solito venivo considerato aggressivo”, ha dichiarato uno degli uomini intervistati. “Adesso sono uno che ‘sa prendere le redini della situazione’. La gente mi dice ‘adoro il modo in cui prendi le redini della situazione’.”

Gli effetti della transizione FtM, nondimeno, non sono interamente positivi. La razza, a quanto pare, ha la capacità di offuscare il genere quando si tratta della stima altrui. Gli uomini transessuali neri, per esempio, hanno scoperto che in post transizione venivano percepiti come “pericolosi”. Uno dei soggetti intervistati ha detto che è passato da “insopportabile donna nera” a “spaventoso uomo nero”, e che adesso negli esercizi di training gli veniva sempre richiesto di interpretare il ruolo del “sospettato”.

Cosa succede quando ha luogo la trasformazione opposta, ossia quando un uomo diventa una donna? Joan Roughgarden è una biologa di Stanford che è vissuta e ha lavorato come Jonathan Roughgarden fino a che non ha raggiunto la cinquantina, e la sua esperienza è stata pressappoco speculare a quella di Barres. Per dirla a parole sue, “Un uomo è considerato competente fino a prova contraria, mentre una donna è considerata incompetente fino a prova contraria.” In un’intervista, Roughgarden ha notato anche che se metteva in discussione un’idea matematica, la gente dava per scontato che lo facesse perché non l’aveva compresa. Altre donne transessuali hanno rilevato cambiamenti non solo in relazione a come vengono percepite le loro capacità, ma anche in relazione a come viene percepita la loro personalità. Nel lavoro che Schilt sta compiendo con le donne transessuali per un libro futuro, ha scoperto che i comportamenti che le donne transessuali avevano da uomini erano adesso un motivo di rifiuto. Quello che prima veniva considerato “prendere le redini della situazione” era adesso considerato “aggressivo”. E hanno dovuto adattarsi: le donne transessuali hanno presto imparato che “comportarsi sempre alla stessa maniera nel mondo pregiudicherebbe la tua carriera.”

A differenza di quelli di noi che hanno sperimentato il mondo dalla prospettiva di un solo genere, i soggetti intervistati da Schilt riuscivano a vedere con molta chiarezza che “gli uomini avevano successo in un luogo di lavoro in misura maggiore delle donne per via degli stereotipi di genere che privilegiano la virilità, non perché avessero un talento o un’abilità superiori.” E il pregiudizio è una cosa difficile da riconoscere. “Finché una persona non ha sperimentato una serie di pregiudizi che le hanno intaccato la carriera”, scriveva Barres nella sua risposta a Summers, “la gente si rifiuta di credere che esistano.” E la gente ha la tendenza a credere che i problemi siano altrove: “Tutti pensano che ci siano dei pregiudizi là fuori, ma ‘io non sono quel tipo di persona’”, scrive Schilt.

Ma secondo Schilt, il pregiudizio è al contempo più insidioso e meno legato all’invidia. E metterlo a nudo implica uno sforzo maggiore dell’attendere che la vecchia guardia ritratti e basta: “La fantasia di un cambiamento demografico semplicemente non è attuabile”, dice Schilt. “Si tratta della nostra cultura. Si tratta di come organizziamo i generi, separiamo i generi, le stanze riservate agli uomini e le stanze riservate alle donne: ne siamo così intrisi che queste cose sono diverse. E non si tratta solo degli uomini, anche alcune donne hanno le stesse idee.” L’esperienza delle persone trans sta ponendo questi fattori sotto una luce completamente nuova e nitida.

Naturalmente, e non esistono rapporti di causa-effetto che raggiungono la perfezione. Chris Edwards, produttore esecutivo pubblicitario, sostiene che in post-transizione gli venissero affidati incarichi che comportavano un livello superiore di responsabilità, ma che a suo avviso fosse dovuto al fatto che il testosterone ha cambiato il suo atteggiamento: è diventato meno timido, più incline ad intervenire – ed era visto, sul luogo di lavoro, più come un leader. Perciò alcuni suggeriscono che gli uomini transessuali sperimentino benefici al lavoro in parte perché, dopo la transizione, sono più felici e più a proprio agio, e che una tale sicurezza in se stessi conduca a successi di maggior rilievo. Ma se le cose stessero così, ci si potrebbe aspettare che le donne transessuali, forti della medesima, rinnovata sicurezza in se stesse, ottengano benefici analoghi; eppure sembra vero proprio il contrario.

Per comprendere davvero l’esperienza dei pregiudizi di genere rapportata alle persone trans in un luogo di lavoro servono ulteriori ricerche. Ma la porta d’accesso a queste ricerche potrebbe stare per chiudersi, dal momento che adesso le persone sono in grado di cambiare sesso in un’età sempre più tenera. I farmaci per bloccare la pubertà si stanno diffondendo, il che significa che persone transessuali giovani possono scegliere relativamente presto di sopprimere lo sviluppo dei caratteri sessuali secondari. (Il trattamento è stato reso disponibile negli Stati Uniti a partire dal 2009.) Un ragazzino o una ragazzina che si identifica nel genere opposto e cerca una cura può, adesso, avere la possibilità di sperimentare il mondo dalla prospettiva di quel genere soltanto.

E il gruppo di persone transessuali che hanno parlato apertamente della questione è già abbastanza ristretto; sembra che molte di loro sentano di avere problemi più importanti da risolvere. Quando le è stato domandato come credeva che la gente potesse reagire nel sentirla descrivere la differenza di trattamento che le è stata riservata da donna, Roughgarden ha risposto: “Non me ne curo.” In fin dei conti, come scrive Schilt, non sta alle persone transessuali porre fine ai pregiudizi legati al genere. E Roughgarden concorda. “Stiamo cercando di avere una vita che sia nostra”, dichiara. “Dobbiamo vivere con la nostra vera identità, non abbiamo tempo di sederci in una sala da tè a lamentarci di come giri il mondo. È questo il mondo, e ci dobbiamo vivere. Dobbiamo farci strada.”

Note a piè di pagina:
  1. È stato dimostrato, ad esempio, che sia uomini sia donne attribuiscono il successo delle donne più spesso alla fortuna, e il successo degli uomini più spesso all’abilità. Le donne ricevono anche meno riconoscimenti quando esprimono opinioni e assumono il comando. Uno studio ha dimostrato che una candidata femminile debba essere 2.5 volte più produttiva del candidato maschile medio per essere considerata ugualmente competente.


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