Articolo di: Silvia Salviero & Massimo Tiberio B.
Un
argomento che non viene quasi mai toccato quando si parla di
transessualità, perché è molto complesso e molto semplice allo
stesso tempo, è cosa si pensa e cosa si vive quando si è a caccia
di lavoro. E date retta, se non ne abbiamo parlato neppure noi finora
è perché a monte della questione per migliorarci le cose c’è
un sacco di lavoro da fare
(tanto per cambiare!).
Scherzi
a parte, oggi una volta finiti gli studi quasi tutti hanno difficoltà
a trovare e a mantenere un lavoro, ma quando sei una persona
transessuale in un Paese bigotto come l’Italia, hai la TOS (terapia
ormonale sostitutiva) già avviata e il tuo aspetto fisico non
corrisponde più al nome che hai scritto sui documenti è ancora più
difficile.
Il
più grande dolore e frustrazione forse alcuni ragazzi FtM lo provano
già quando devono completare un curriculum e inviarlo: oltre a
preoccuparsi di essere convincenti già al primo impatto, descrivere
le proprie abilità e competenze in maniera chiara ma essenziale,
leggere e rileggere per essere sicuri che il curriculum sia congruo
con la richiesta di quell’impiego in particolare, ricontrollare la
grammatica e così via, alcuni di noi si domandano “Che nome
metto?? Devo scrivere tutto declinando al maschile?? Mi faranno
problemi?? Possono denunciarmi??”. E purtroppo è quasi inevitabile
che prima o poi balzino in testa pensieri come “non mi prenderanno
mai”, a dispetto del proprio talento, delle proprie conoscenze,
della propria cultura e della propria esperienza. Una testimonianza
diretta di quello che abbiamo appena scritto la potete trovare in
questi due
video.
Certo,
non per tutti è così: a volte ci sono datori di lavoro che non si
fanno problemi ad assumere personale transessuale e alcuni di noi
lavorano tranquillamente, ma in ogni caso dipende moltissimo dai
datori di lavoro e dalla loro disponibilità, e avere l’occasione
di far vedere e riconoscere il proprio valore diventa anche una
questione di fortuna.
E
quando si riesce ad essere assunti c’è sempre la prova del nove
con i colleghi. Dovremo lavorare in un ambiente in cui le battute
transfobiche abbondano, in cui c’è incomprensione e ignoranza, o
in un ambiente dove possiamo essere noi stessi alla luce del sole? Ci
conviene toglierci il peso di un coming out una volta per tutte o
decidere con calma se dirlo a qualcuno più in là? E se dovessero
capirlo, scoprirlo, parlare alle nostre spalle o arrivare al mobbing?
Cosa
fare con questi tipi?? Facile avete due scelte, 1) ignorarli 2)
rispondetegli a tono. Io eviterei il contatto fisico, non sono
pacifista ma diciamocelo perdereste il posto, cè più soddisfazione
a bucargli le ruote della macchina.
Ecco
un motivo IMPORTANTISSIMO per cui la legge deve essere rivista e
accordare il cambio anagrafico prima degli interventi.
Uno
dei miti da sfatare sui ragazzi FtM (e sulle persone transessuali in
generale) è che siano più inclini ad essere promiscui e a svolgere
attività illegali. Ma molto spesso quando succedono veramente cose
del genere è un caso di profezia che si avvera da sola e nella sua
crudeltà è mostruosamente semplice da capire. Anche se è vero che
alcune ragazze MtF (non tutte come i mass media comunemente fanno
credere) sono state costrette a prostituirsi pur di avere soldi,
dovrebbe essere abbastanza spontaneo porsi due domande dopo la
situazione che abbiamo descritto. Se viviamo in una società
transfobica dove chi è transessuale è considerat* “inferiore” o
“pervers*” sulla base di pregiudizi, se per chi è transessuale è
doppiamente difficile trovare un lavoro a causa di questi pregiudizi,
se esistono casi in cui chi è transessuale è stat* addirittura
lasciat* sol* dalla famiglia, che scelta hanno avuto alcune di loro
per sopravvivere se non quella di prostituirsi per davvero? E come si
può non considerarla una delle situazioni più estreme a cui un
essere umano possa arrivare?
Quante
donne MtF devono ancora pagare per tutto questo?
Quanti ragazzi FtM devono sentirsi ancora umiliati dallo Stato e dal posto di lavoro?
Quanti ragazzi FtM devono sentirsi ancora umiliati dallo Stato e dal posto di lavoro?
Comunque
la si voglia mettere, spesso per una persona transessuale la propria
serenità sul posto di lavoro e la possibilità di svolgerlo bene,
con determinazione, traendone soddisfazione e magari arrivando a fare
carriera non sono cose legate all’impegno che ci mette, a quanto
vuole imparare o a quello che sa fare, sono
cose legate alle persone con cui si troverà a lavorare.
E quando non puoi decidere liberamente del tuo futuro e compiere
scelte indipendenti dal giudizio degli altri, quando non puoi
intraprendere un mestiere forte di un senso di rispetto reciproco con
chi ti circonda, quando non puoi scegliere di allacciare rapporti
d’amicizia con persone che comprendono che sei esattamente come
loro, c’è una disparità che va affrontata. E soprattutto c’è
una legge che va cambiata. Serve che qualcuno si dia una mossa,
battere il pugno sul tavolo e dire che NOI ESISTIAMO E PRETENDIAMO
DIRITTI… noi non chiediamo un matrimonio riconosciuto, l’adozione
di un figlio e così via, vogliamo una sola cosa: un cambio di nome.
Non
veniamo né prima né dopo le persone omosessuali, siamo entrambe
minoranze che richiedono diritti e ORA li pretendiamo, e così come è
importantissimo essere solidali verso chi è omosessuale, bisessuale
o pansessuale, la comunità LGB(T?) deve essere solidale verso di
noi, per raggiungere un benessere e la possibilità di un futuro
migliore di quello su un marciapiede.
Momento
utopia: l’idea migliore per una crescita professionale delle
persone transessuali sarebbe di aprire attività commerciali e altro
dirette da persone transessuali che assumono personale transessuale,
non per discriminazione verso i cissessuali, ma per dare una
possibilità di vita migliore a persone che hanno delle grosse
difficoltà. Se non ci aiutiamo tra di noi chi ci aiuta?
Concludiamo
con dei link utili:
- Trans e diritti sul lavoro CGIL LAZIO
- Lavoro MIT (Movimento Identità Transessuale)
- Trans e diritti sul lavoro CGIL LAZIO
- Lavoro MIT (Movimento Identità Transessuale)
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